martedì 24 maggio 2011

Sezione Foto e Video


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lunedì 23 maggio 2011

Sulla via del mattino

Sveglia alle 7:20, doccia, vestizione in 5 minuti (fantozzi docet), colazione e alle 08:00 puntuali, spaccando il secondo Mr Mangal Singh suona il campanello. Ecco come funziona qua in India. 

Chi è Mr Mangal Singh ? L’autista del mio capo che in questi giorni mi accompagna al lavoro, perché non ho ancora traslocato nella mia nuova casa indiana. Un uomo gentile, affabile, un po’ fuori di sé, perché ogni cosa che gli dici o ti dice si mette sempre a ridere. Siamo in coda, dietro una fila sterminata di macchine, motorini, furgoni, carri (più ne hai più ne metti), l’altra corsia è vuota, ma l’altra corsia è nel senso opposto.. Mangal Singh, con il suo ghigno parte a razzo e và contromano. Il mio capo seduto di fronte a me inizia a inveirgli contro; tutto il rosario ma proprio tutto è citato, parola per parola.  

Un poliziotto lo ferma, gli chiede la patente, gli dice qualcosa in lingua marathi. Mentre il brusio di sottofondo fatto da vecchie macchine scassate cresce sempre più a dismisura, torniamo nell’altra corsia ma ecco un altro imprevisto: lo spartitraffico. Non parliamo di un comune spartitraffico ma di un spartitraffico indiano: una serie di pietre grezze posizionate in fila al centro della strada. Il mio capo non fa tempo a riprendere fiato che Mangal Singh suona la carica e in un batti baleno è sopra ai sassi, pedale dell’acceleratore a fondo, fumo nero dallo scarico e il rumore stridulo della carrozzeria a contatto con i sassi. Non contento, appena superato l’ostacolo non vede una moto che arriva a bassa velocità…e….strike ! Ormai il mio capo non ha più voce mentre Mangal Singh se la continua a ridere (come il sottoscritto) come se niente fosse successo.. Incredible India.

Lo stabilimento dista a soli 30km ma ci vuole un’ ora per arrivarci. Il viaggio è una specie di ritorno al passato che inizia alle 08:00 e finisce giusto giusto alle 09:00. Mentre sulla strada si combatte a base di clacson, zig zag e accelerazioni improvvise, sui cigli della strada c’è una realtà che scorre parallela. Una realtà fatta di baracche fatiscenti, sporcizia, persone che si adagiano al suolo come se fossero stanche di vivere, bambini che corrono divertiti, pozze stagnanti di acqua maleodorante, ambulanti che vendono frutta e verdura, persone che aspettano l’autobus come se niente fosse. Un tema dominante? Il colore. Dio in confronto ha pesantemente risparmiato sugli acquarelli, Ganesha “dio indiano” no. Le nostre città e periferie sono vuote e grigie, qui i colori sembrano vivere di una luce propria. Anche se accostati in modo assurdo e bizzarro, in questa realtà sembrano avere un proprio significato e modo d’essere.

La musica di Vander Sfroos in sottofondo mi accompagna in questo viaggio giornaliero, smorzando e attutendo un po’ quelli che sono i rimorsi della coscienza che vengono a galla. Io sono solo di passaggio, loro no.




giovedì 12 maggio 2011

Voglia di scrivere

E’ possibile che in tutto questo tempo non abbia mai avuto voglia di scrivere? E’ una cosa normale, forse. Di certo è strano scoprirsi scrittori a trent’anni. In questi ultimi mesi è esplosa dentro me una voglia irrefrenabile che mi porta a riversare nero su bianco tutto quello che mi accade dentro e che mi circonda fuori.

Come se, dopo anni di lungo torpore, la mia anima si sia svegliata e abbia preso in mano una penna stilografica con la quale voglia esprimere se stessa. Migliaia di volte il mio sguardo si è appoggiato su questo giardino, posto di fronte al centro di Fabriano. Solo ora però, sono seduto con le spalle ad un albero fiorito, il sole in faccia e il pc sopra le mie ginocchia. Mi circondano giovani che si perdono nei loro vestiti sempre troppo larghi e modi troppo grezzi, bambini che giocando tra loro intorno ad un albero scoprono la bellezza del vivere, ragazze sedute vicine  con le ginocchia ripiegate che si confidano i loro segreti più intimi, mamme indaffarate a raccogliere i loro figli dal prato come se fossero dei frutti acerbi caduti troppo presto. In mezzo a questa calma apparente, eccomi qua a scrivere, immerso nei miei pensieri e nel mio mondo.

Tutto d’un tratto scopro la bellezza nell’osservare i dettagli anche più insignificanti di vite altrui e condensarne l’apparenza in poche righe. Forse mi sto perdendo nelle mie elucubrazioni mentali, forse sto girovagando intorno a me stesso, forse vedo le cose come avrei voluto vederle da parecchio tempo. Luca, cosa ti sta succedendo? La guerra è finita e ha vinto il più debole. Nonostante anni di studio analitico, razionale, schematico, logico al limite del paradosso, la parte irrazionale, sensibile, riflessiva e più profonda ha vinto. Ha finalmente vinto dopo un lungo periodo in cui non credevo neanche esistesse.

Anni in cui mi sono sforzato più volte di cercarla dentro di me trovandone solo alcuni barlumi. Durerà? Se sì, quanto? Ma sta realmente accadendo a me? Succede a tutti così? Nel mio caso credo faccia parte di un percorso che ho intrapreso fin da piccolo che mi ha condotto fino a qui. Una serie di scelte, consapevoli e non, di persone, di luoghi che mi hanno riempito il cuore così come una goccia, che giorno dopo giorno riempie il mare.



Volare

Aeroporto Francesco Cappa - Casale Monferrato. Domenica 19 Settembre 2010   Ore 09:00

Ed eccoci lì, io, Daniele e Valentina. Senza un vero perchè, trascinati dalla mia voglia di provare qualcosa di nuovo, di unico: Volare. Si perchè volare è il sogno proibito dell'uomo. I fratelli Wright hanno dato il là al concetto più moderno di volare, ma la vera sfida è galleggiare nell'aria solo con il proprio peso, senza alcuna corazza metallica che ti protegga, noi e il cielo, niente di più. I nostri sguardi si intrecciano spesso, sono un misto di eccitazione, adrenalina e paura. I paracaduti sono progettati per aprirsi ma a volta falliscono, come tutti d'altronde. Speriamo che non falliscano proprio ora..

Il tempo scorre lentamente nell'attesa del nostro turno fino a quando, ecco, il nostro momento è arrivato. Le lancette dei minuti diventano secondi, inizio a sentire il cuore che batte, come se prima si fosse fermato per prendere fiato. Pochi minuti per spiegarci cosa fare, mettere l'imbragatura ed eccomi sull'areo che sale piano verso i 4.000 metri.

L'ascesa è lenta ma continua, mi stupisco di quanto riesco a rimanere calmo. Forse il mio cervello è in standby, forse lo è sempre stato. Sta di fatto che il portone si apre.
Ci posizioniamo sulla porta, il mio istruttore dietro di me, inizia a contare e al 3 si salta..

Posizione di lancio: schiena all'indietro, gambe ben aperte e mani incrociate sul petto. Posizione impossibile da mantenere naturalmente. Mi viene voglia di mettere le mani avanti ma mi trattengo, ormai sono fuori dall'aereo.. Cosa si prova in quei secondi ? Difficile da spiegare. Per circa 10 secondi è solo paura, follia, pazzia, tremenda paura di non farcela. Poi, improvvisamente tutto cambia. Il corpo inizia a galleggiare nell'aria, apro le mani ed inizio a volare. La paura sul mio viso scompare e lascia spazio all'incredulità. Ragazzi miei, sto volando...

Trascorrono così 50 intensi e irripetibili secondi. Un battito di ciglia in una giornata normale, un'eternità in quel momento. Non ci sono più dubbi, più incertezze, me la godo, me la sto godendo al massimo. 
Rido, muovo le mani, mi agito, sto bene. Il mio corpo è come accarezzato da un fluido misterioso, senza colore, senza forma e senza sapore. Poi tutto d'un tratto un forte strattone. Uno strattone di felicità, è il paracadute che si è aperto.

Non sono ancora giunto a terra, ma sto già pensando 
a quando sarà il prossimo lancio..






domenica 8 maggio 2011

Dove vivere ?

Prima o poi tutti siamo di fronti a questa domanda:" Dove vado a vivere? "

La risposta non è facile, ma può diventare scontata se una persona non hai mai vissuto in fondo la propria vita sperimentando la bellezza del viaggiare, del vivere in altri posti diversi da quelli in cui si è cresciuti. Per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, io ho una grande confusione in testa. Ad oggi non c'è risposta nei miei pensieri alla fatidica domanda. Troppo trambusto, troppi se e ma, svariati condizionamenti..insomma un grande caos. Ma perché ?

Bé, la spiegazione me la sono data, in parte sto giustificando i miei dubbi e le mie incertezze, ma non credo la realtà sia poi così distante. Hai presente quelle persone che prendono sempre la pizza al prosciutto? Il gelato con cioccolato e limone? Che fanno sempre la stessa strada per andare al lavoro? Si può parlare di certezza della pena, perché dal mio punto di vista è una pena capitale di fronte alle infinite possibilità che la vita ci offre, rifugiarsi sempre in certi peccati e scorciatoie. Ma da cosa scappiamo? Bé semplice, scappiamo dal cambiamento, la più grande paura dell'uomo seconda solo alla paura della morte.

Il cambiamento fa paura perché è banale dirlo, si conosce ciò che si lascia ma si è ignari di cosa a cui si va incontro. Le persone, certe tipi di persone, per questa paura che mai ammetteranno di avere neanche sotto tortura, vivono una vita priva di acuti, di nuove sensazioni e di piacevoli scoperte. Sia ben chiaro, non bisogna girare il mondo per essere felici, lo si può essere anche nel proprio paesello con gli amici di sempre. E' anche vero però che poche sono le persone che vivendo in questo modo si sentono realmente soddisfatte. Per alcune di esse il mondo è racchiuso nelle pareti invisibili del proprio circondario e quindi la casa non è più una scelta, ma una logica conseguenza. Ma per la maggior parte delle altre persone che vivono questo tipo di vita, le pareti invisibili diventano muri insormontabili di paura. Paura di osare, di tentare, di scappare, di provare a vivere un'esistenza diversa. E allora l'irreale sogno diventa una triste realtà.

Per questo, avendo tutto questo caos dentro di me, mi sento in parte sull'orlo di un precipizio, ma in parte estremamente fortunato. Ho la fortuna "di vedere" e quindi di capire. Capire che la risposta alla domanda "dove vivere?" non è ancora chiara e non lo sarà a breve. Ogni esperienza di vita, i rapporti con le persone, i luoghi con le proprie tradizioni fanno si che la miopia che all'inizio possedevo sta pian piano scomparendo. Gli occhiali che mi sono procurato grazie alle esperienze che sto vivendo mi stanno permettendo di "vedere" le cose in modo diverso. Anche la scelta più semplice di dove vivere, si complica improvvisamente e si gonfia di un valore molto più importante di quello che possedeva prima. 

Ora non sono più sicuro di nulla. Ora ho una gran confusione in testa. Ora sto bene.



sabato 7 maggio 2011

A Prima Vista

Ho pensato spesso a cosa avrei pensato una volta giunto in terra indiana. Mi sono bastati pochi minuti per cercare informazioni su internet e tutto è stato immediatamente più chiaro e trasparente. Un dato in particolare..India: 1.100.000 di persone di cui il 40% vive al di sotto della soglia di povertà. Un esercito di persone che vivono con meno di 1.25$ al giorno, circa 0,80€ (soglia di povertà definito dall' Unesco)

L'85% della popolazione indiana vive con meno di 2.5$, ovvero meno di 50€ al mese. 

Questa informazione, insieme a qualche foto ricevuta dal mio collega russo e la mia precedente esperienza lavorativa in Egitto mi ha permesso con estrema chiarezza di farmi un'idea più che sensata della realtà indiana. L'esperienza in Egitto fatta nel 2009 sì che è stata travolgente, inaspettata e incredibile. Seppure le due realtà siano differenti, ho toccato con mano per la prima volta nella vita cosa vuol dire vivere in un continente lontano dalle nostre tradizioni e dalla nostro benessere. Ovunque ti giri un paese del terzo mondo ti regala emozioni che definire contrastanti è poca cosa.  

L'India oggi giorno è così. Un paese pieno di contraddizioni: povertà estrema che si respira nell'aria, visibile ad ogni passo che si compie lungo le strade, condizioni igieniche proibitive, bambini che giocano nelle baracche ai cigli delle strade con la spazzatura, strade 24 ore al giorno invase da persone nullafacenti, donne che riscaldano l'acqua in dei grossi pentoloni neri adagiati sul fuoco..come se il tempo in quei luoghi si fosse fermato centinaia di anni fa'. E come contraltare a questa cruda realtà, dominata ancora da caste medievali, persone che si sono arricchite alle spalle di questi poveracci, che girano con macchine lussuose, vivono in centri residenziali dotati di tutti confort, spendono i propri denari in hotel a 5 stelle. No, per loro l'India non è una terra avara di possibilità. In un paese il cui il prodotto interno lordo (PIL) cresce con ritmi del 9%, la voragine diventa giorno dopo giorno sempre più profonda e incolmabile.





Nonostante questa realtà irreale, la mia reazione è stata di assoluta normalità. Nulla mi ha colto impreparato, nessuno sguardo, voce, momento di vita vissuto in quei primi 15 giorni passati in India. Come se tutto facesse parte di un copione già visto, già ripassato mentalmente, come se tutto fosse normale. Ma normale, non lo è affatto.



mercoledì 4 maggio 2011

Appartamento Adios

E’ giunto il momento. Giorni, poi mesi ed infine più di un anno passato in quelle quattro mura. Mi alzo e mi guardo attorno, tutto sembra come ieri: i vestiti negli armadi socchiusi, un paio di borse adagiate a fianco del letto, confusione di oggetti vari ovunque, polvere rannicchiata negli angoli della camera. Ma oggi non è come ieri. Oggi è l’ultimo giorno di certi giorni ed un nuovo giorno per altri che ne verranno.

Mi alzo, un po’ confuso e un po’ emozionato inizio a sistemare casa. Dopo quasi 3 ore tutto è già finito. La casa è pulita, il pavimento luccica, il letto è nudo privo di coperte, il bagno è completamente spoglio di tutti i miei oggetti personali, la cucina è asettica. Solo delle valige e uno stendi biancheria all’ingresso mi fanno ancora sentire a casa, tutto il resto ormai è uno sbiadito ricordo. Rifletto a cosa sto provando, ma mi riscopro privo di emozioni. La sensazione iniziale è svanita e lascia spazio ad un senso pratico che mai mi abbandona. Penso a come organizzare il trasporto dei miei affetti personali in hotel. Il destino, mi ha riservato un’ ulteriore sorpresa inaspettata. L’hotel con la sua aria rarefatta e priva di alcun calore umano mi aspetta per almeno dieci giorni prima del trasferimento a Milano, destinazione India.  Forse è una specie di purgatorio prima di giungere all’inferno..

Prima di richiudere la porta di ingresso mi rigiro un’ultima volta a pensare. Mai più rivivrò quei momenti vissuti in quelle quattro mura che mi hanno coccolato e protetto come fossi un figlio da accudire. Quante sere ho passato su quel divano così scomodo per riposarsi, cenato su quel tavolino traballante ricoperto da una tovaglia color giallo limone, dormito su quel letto con le molle anni ’60 e respirato quell’aria malsana proveniente dal sotto lavello. Afferro la maniglia in ottone di una porta ormai consumata dal tempo e la tiro verso di me. Scendo le scale, carico le valige sulla macchina e parto lasciandomi alle spalle un capitolo della mia vita. Un capitolo vissuto intensamente nel mio primo anno a contatto con la generosa terra marchigiana, ma sempre e solo di un solo capitolo si tratta..